Allarme Sistri: impianti rifiuti non-pericolosi a rischio sanzioni

Altro che semplificazione. Si allarga la platea dei soggetti obbligati ad iscriversi al Sistri e già si prefigura un’impennata per i costi pronta a pesare sulle tasche delle imprese. La spiacevole sorpresa è stata “nascosta” nelle innovazioni alla manualistica pubblicate sul sito ministeriale, e sembravano destinate a passare inosservate. Il nuovo Testo Unico di regolamentazione del Sistri, pubblicato con decreto ministeriale dello scorso 30 marzo ed entrato in vigore l’8 giugno, infatti, si era presentato come poco più di una legge di riordino resasi necessaria in attesa di novità ed aggiusti da apportare e che sarebbero venuti dall’implementazione delle innovazioni attese di concerto con l’espletazione del bando che assegnerà al nuovo concessionario il compito di ammodernare il Sistri.

Peccato che con l’entrata in vigore del decreto e la sua contestuale traduzione in un nuovo manuale operativo, lo scorso 7 giugno siano state pubblicate anche le nuove procedure di iscrizione e gestione fascicolo azienda. Proprio in quest’ultimo documento si nasconde l’inghippo: sia che gli impianti gestiscano o producano soltanto rifiuti pericolosi, dovranno iscriversi nella categoria e di gestore e di nuovo produttore. Un aggiornamento che sa di stravolgimento rispetto alla più sensata condizione di adesione preesistente, quando si richiedeva l’iscrizione unicamente per la categoria cui faceva riferimento la propria attività (o di gestore o di nuovo produttore, per l’appunto). Il che significa che se anche soltanto per pura eventualità gli impianti di trattamento di rifiuti non pericolosi si trovassero a generare o semplicemente dovessero imbattersi in un rifiuto pericoloso, oltre che come produttori, dovranno iscriversi al Sistri anche come impianti di gestione pur non svolgendo alcuna attività di gestione, ma raddoppiando di fatto il contributo dovuto per l’onere di iscrizione. Si tratta di un’ambiguità che già in passato era stata oggetto di precisazione da parte del Ministero dopo che le associazioni di categoria avevano chiesto ed ottenuto chiarimenti riportati dal quadro sinottico che non a caso mentre scriviamo il sito del Sistri porta come “in corso di aggiornamento” nella sezione “Normative”. Un cambio in corsa che rischia di sollevare un polverone, esponendo sin da subito gli impianti “improvvisamente irregolari” alle sanzioni per omessa iscrizione.

 

La questione dei contributi finirebbe per essere aggravata invece che risolta, dopo che il governo si è già sottratto ad all’impegno di ridurne l’importo, conducendo le imprese ad un 2016 ancora una volta segnato da versamenti insensati a fronte di un sistema prossimo (si spera) ad andare in soffitta, almeno per come lo conosciamo. Non lo dimentica l’On. Piergiorgio Carrescia, che ha già presentato un’interrogazione in Commissione Ambiente a Montecitorio per chiedere di rimettere mano al DM.78 per ridurre, a partire dal 2017, l’importo dei contributi annuali per ognuna delle categorie di iscrizione di almeno il 25%. Ma non si tratta di una questione di mero principio. Carrescia dimostra di essere andato a fare “i conti in tasca” al Ministero che, come Ricicla.tv aveva anticipato pubblicando il consuntivo delle fatturazioni di via Cristoforo Colombo, pur vantando ancora debiti nei confronti del gestore tuttora in carica (la Selex SeMa), ha incassato più di quanto abbia versato, ed in particolare nel solo 2015 avrebbe registrato entrate del 48% superiori ai costi di gestione del sistema per lo scorso anno. Il DM per di più continua a prevedere che sia dagli stessi contributi che (come si era già inteso anche dalla formulazione del capitolato del bando Consip) avvalendosi di un sistema di sostanziale project financing il prossimo concessionario possa recuperare i costi per lo sviluppo di quel che sarà il “Sistri-bis”. Una condizione che non va giù a Carrescia, che nella stessa interrogazione richiede sia che questo principio venga meno, sia che si dia la possibilità alle imprese rivalersi almeno dei contributi versati negli ultimi due anni (quando il Sistri, insomma, era già archiviato e la gestione sembrerebbe essere esistita soltanto nelle fatturazioni della Selex). Ovvio che il deputato membro della Commissione Ambiente non ignori il peso dei debiti sull’intera vicenda, ma la sua azione pare voler richiamare un principio e rimarcare un appello: a pagare non siano sempre gli stessi.Eppure il giudizio che il Sistri sia stato disfunzionale ed inutilmente oneroso non appare acclarato neppure alla vigilia della sua attesa revisione. Lo scorso 7 giugno, infatti, la Sezione Centrale di Controllo sulla Gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti ha pubblicato una delibera ed una relazione dedicate al Sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti, disattendendo le attese di chi si aspettava una bocciatura netta. E invece no: lo spreco di denaro pubblico secondo la magistratura contabile non c’è stato, e anzi, si legge «l’equilibrio economico finanziario dell’iniziativa» sarebbe stato «dimostrato», e se ci sono state «limitazioni di funzionalità» che ne hanno «ridotto le potenzialità» ciò è accaduto soltanto «per effetto di tutti gli interventi che sono stati apportati al suo funzionamento». Una prospettiva che suona ancor più distaccata dalla realtà quotidiana ed operativa delle imprese quando si tenta di recuperare il ruolo di lotta alla criminalità ambientale del Sistri. Contestualmente all’indagine della Corte dei Conti, infatti, il contributo delle forze dell’ordine, principalmente Corpo Forestale ed Arma dei Carabinieri, ha indotto a rilevare come «requisito essenziale» la georeferenziazione, e quindi a giudicare negativamente la registrazione off-line prevista dalle linee guida dell’evoluzione Sistri. Uno dei pochi punti positivi che si potevano registrare in prospettiva, insomma, pare messo in discussione, mentre in linea generale il tono della lunga relazione pare voler riscrivere la storia degli ultimi sei anni additando le imprese come principali artefici del fallimento.Non mancano i giudizi negativi sul Ministero, cui viene sostanzialmente intimato di risolvere la questione economica aperta con Selex, e che soprattutto viene bacchettato per aver fatto ricorso troppo spesso ad esenzioni, sia di categorie di rifiuto che di categorie di operatori obbligati. Un’impostazione che ribalta la realtà, individuando il fallimento del sistema nell’incapacità di renderlo diffuso, e non a «difficoltà operative sorte in sede di applicazione pratica» come ammesso dallo stesso Ministero. Facendo però appello all’esito positivo del collaudo datato dicembre 2013 da parte dell’AgId e ad un’indagine condotta tra le 6 imprese che secondo i dati avrebbero utilizzato di più il Sistri in questi anni, la Corte dei Conti ci dice che il sistema funziona, che ad essere antieconomico è solo il doppio binario cartaceo-informatico, e che i rallentamenti sono dovuti soltanto alla velocità della connessione ad internet: un presupposto estraneo al Sistri. A questo punto perché non estenderlo a tutti gli operatori? Che ci fosse questa intenzione lo si leggeva già tra le righe del bando Consip, e l’allargamento della platea dei nuovi produttori contenuta nel manuale aggiornato potrebbe essere solo il primo passo. Se si continuerà a procedere senza dare ascolto ai suggerimenti delle imprese i nodi verranno irrimediabilmente al pettine mettendo a rischio innumerevoli posti di lavoro e non basterà una relazione della Corte dei Conti a riscrivere la storia.